Era il 5 giugno 1975 e gli Abbey Road Studios di Londra brulicavano di attività. I Pink Floyd erano nel pieno delle sessioni di registrazione per l’album Wish You Were Here, un lavoro intriso di riflessioni sulla perdita, l’assenza e, in gran parte, un tributo proprio a lui. Quel giorno, mentre le note si susseguivano, una figura fece ingresso nello studio: Syd Barrett.
L’aspetto di Barrett era quasi irriconoscibile. Appariva con la testa rasata, sopracciglia inesistenti e una corporatura appesantita, assai distante dall’immagine iconica del fondatore psichedelico che aveva guidato la band nei suoi primi anni. I membri dei Pink Floyd faticarono a riconoscerlo, tanto era profondo il cambiamento. David Gilmour, in particolare, inizialmente non lo identificò. Nick Mason e Richard Wright rimasero visibilmente scossi e commossi da quella che fu per loro una delle esperienze più toccanti della loro vita. L’incontro avvenne mentre stavano ascoltando il mix finale di “Shine On You Crazy Diamond”, brano che, ironia della sorte, era in gran parte dedicato proprio a lui. La sua presenza, fugace e silenziosa, amplificò il significato emotivo del pezzo e dell’intero album, rendendo quella giornata una delle più toccanti nella storia della band e un potente promemoria del costo della fama e della fragilità della mente artistica. Si dice che Barrett rimase per un po’, ma poi, con la stessa discrezione con cui era arrivato, scomparve.
